KANJI
I kanji derivano dalla scrittura cinese che, una volta introdotta in Giappone, apportò un notevole cambiamento a quella che era allora la lingua giapponese. Generalmente i kanji vengono utilizzati per rappresentare le parti morfologicamente invariabili delle espressioni giapponesi. Un kanji può quindi essere utilizzato per rappresentare la radice dei verbi, degli aggettivi o, integralmente, anche una buona parte dei sostantivi. Dato che questo sistema di scrittura straniero venne associato alla lingua parlata giapponese, a tutt’oggi a ogni kanji sono associate quasi sempre due pronunce: quella on (音) e quella kun (訓).
La lettura on chiamata anche on’yomi (音読み) è la pronuncia alla cinese di un kanji. La kun’yomi (訓読み) invece è la lettura di origine giapponese attribuita a un kanji al momento della sua “importazione” nella terra del Sol Levante. Quest’ultima lettura è il più delle volte utilizzata quando il kanji è isolato. Per esempio, il carattere 木 che significa “albero” si leggerà ki con la pronuncia kun se il carattere è isolato, mentre si leggerà moku con la pronuncia on quando è presente all’interno di un composto. Dunque, una statua, zō (像), fatta di legno, è detta mokuzō (木像).
Dato che kanji uguali vennero importati in Giappone in epoche diverse e da regioni diverse della Cina, essi possono avere più di una lettura on. La pronuncia on può però non essere presente se il carattere è nato in Giappone, in tal caso si parla di kokuji (国字), ossia “ideogramma creato in Giappone”.
Attualmente i kanji di uso comune, chiamati jōyō kanji (常用漢字), sono 2136.